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mercoledì 30 novembre 2011

Il lavoro dell’avvocato e quello dell’azzeccagarbugli



“Sempre più spesso il cliente non vuole il parere dell'avvocato, ma che l'avvocato confermi il parere del cliente. Che si arrangi!” (R.S.). Lo ha scritto oggi su twitter un avvocato. Un azzeccagarbugli, invece, gli avrebbe dato ragione.

Un’avvertenza prima d’andare avanti: qui non si considerano le annose vicende dell’esagerata durata dei processi, di quelli civili in primis; qui si guarda alla fase precedente al Tribunale, quella nello studio del professionista.

Chi bazzica la professione sa che il fatto rappresenta una delle prime verità che s’imparano esercitando; una di quelle situazioni che, se prese con filosofia, fanno anche sorridere. Ma presa seriamente questa situazione rappresenta uno dei simboli delle difficoltà che incontra una persona che decida d’intraprendere quella professione. Uno di quelli che voglia svolgere l’attività seriamente; con la dignità ed il decoro imposti dal famigerato codice deontologico. Insomma esercitare correttamente la professione di avvocato vuol dire dare significato a quelle formule vuote contenute nei testi di legge.

E’ possibile? Si ma è molto difficile! 


Qual è il prezzo da pagare? Il fermo esercizio di un’autodisciplina severa che eviti all’avvocato di intraprendere quella strada che giorno dopo giorno lo trasforma, inesorabilmente, in un azzeccagarbugli. 

In che modo?

Ci sono avvocati che pur di prendere un lavoro anticipano ingenti spesa al clienti. Per carità è lecito ed tanto che il professionista, in un caso del genere, si dichiara antistatario per ottenere il rimborso delle somme dalla controparte. E’ un caso eccezionale che il tempo, molto spesso, ha trasformato in prassi. Si lavora come se si fosse una banca pur di non perdere una cliente che altrimenti trova altri da cui farsi difendere. A differenza della banca, però, senza garanzie, se non quella del mandato. Mantenere una disciplina ferrea, quindi, significa soprattutto far capire al cliente che chi ha di fronte non è alla canna del gas ma una persona disposta a fare il proprio lavoro solamente in cambio della sua giusta retribuzione. Ognuno, singolarmente, decide quando è il caso di derogare a questa regola; ma fare diventare l’eccezione un’abitudine non è corretto, significa comportarsi da azzeccagarbugli.

Esistono professionisti che trasformano cause perse in opportunità irrinunciabili, salvo poi addossare sui giudici la colpa del disastroso esito della controversia. I giudici sbagliano, come tutti, ma confondere le responsabilità rende indecoroso il servizio reso da un professionista. Indicare alle persone che la loro posizione non è giuridicamente certa, è compromessa o peggio ancora che sono nel torto significa rendergli giustizia. Adularli vuol dire fare l’azzeccagarbugli.

Ci sono avvocati che scrivono ricorsi anche se il cliente ha attraversato con il rosso a 100 all’ora guidando al cellulare e senza cintura. Non si sa mai! Azzeccagarbugli!

Professionisti che di fronte a questioni di diritto per controversie di modesto valore non dicono al cliente che non le trattano perché non sono economicamente convenienti ma che, invece, non ci sono speranze. Azzeccagarbugli!

In molti credono che le cause di tutto ciò siano da rintracciarsi nel numero esagerato di avvocati. In tutta Italia ce ne sono come in due o tre paesi europei. E’ vero, ma solo in parte. Il problema è molto più complesso e il numero eccessivo di legali è solo una parte, minima, del decadimento professionale. 

Cambiare le legge facendo in modo di favorire i più meritevoli sarebbe già un grande passo per spazzare via dal mercato chi tira a campare. Non servono polizze assicurative punitive o oneri previdenziali micidiali per “scremare il mercato”, sarebbe sufficiente pretendere preparazione e professionalità. Non con i crediti formativi che nemmeno i bollini del supermercato … A fare ciò dovrebbero essere preposti gli ordini ma modificando le cose, come si suol dire, in modo più europeo, quelle corporazioni non dovrebbero esistere. 

Ma allora come iniziare, ognuno nel proprio piccolo, a cambiare? 

E’ la prospettiva che, come sempre, fa la differenza. 

Chi è avvocato solo per guadagnare finirà per diventare un azzeccagarbugli. E’ qui che le leggi dovrebbero intervenire per regolamentare il mercato legale. Non improbabili barriere all’ingresso o famigerati, quanto inutili, numeri chiusi. Servono ostacoli alla furbizia e sanzioni severe contro i furbi

Chi vedrà nel proprio lavoro un servizio, c’è da esserne convinti, sia pur con mille difficoltà, è destinato a rimanere in pista. Se il cliente ha ottenuto giustizia, ossia se ha capito che la soluzione prospettatagli è la migliore guardando al suo caso, gli verrà naturale tornare da chi l’ha messo nella condizione di capire. 

Ci sarà chi ha la testa dura e vorrà non capire finendo per sbagliare e cambiare avvocato. Capita

Chi pur di non darla vinta lascerà intendere che sta accettando quasi perché costretto. E’ un rischio del gioco. 

Questa dovrebbe essere la normalità, ossia quella in cui l’irrazionalità sta in chi si rivolge all’avvocato e non in entrambe le parti. 

E’ necessario, però soddisfare una condizione per normalizzare la tragica situazione della classe forense: intervenire per fare in modo che sul mercato operino avvocati e non azzeccagarbugli.

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