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mercoledì 7 dicembre 2011

Giovanni Scattone


Chi non ricorda la storia di Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, gli assistenti universitari condannati per l'omicidio di Marta Russo?

A distanza di anni il primo, che nel frattempo aveva scontato la pena e sta cercando di riprendere una vita normale, è stato costretto a lasciare l'incarico di supplente in un liceo che, per la mera applicazione d'un criterio automatico, aveva assunto. Molto spesso non basta scontare la pena inflitta per legge ma bisogna sottostare al giudizio sociale che, soprattutto nei casi più eclatanti, continua a pesare per anni sulle persone.

Sulla vicenda vi consiglio di leggere questo articolo di Riccardo Arena che cura il sito Radiocarecere.com   e l'omonima trasmissione che va in onda su Radio Radicale ogni martedì alle ore 21.



GIOVANNI SCATTONE: 
IL DIRITTO DI RIFARSI UNA VITA & L’INCIVILA’ DI UN POPOLO

di Riccardo Arena
Giovanni Scattone ha oggi dovuto rinunciare al suo lavoro di insegnante in un liceo di Roma. «Troppe polemiche, un clamore ingiustificato e soprattutto negativo per i ragazzi» ha dichiarato Scattone.
Già troppe polemiche, troppo clamore. Polemiche nate, tra alcuni insegnati e genitori degli studenti ed alimentate dal peggio dei mass media. Il motivo? Scattone è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di detenzione per l’omicidio colposo di Marta Russo avvenuto nel 1997, ovvero 14 anni fa.
Polemiche e clamore che segnano il nostro livello di inciviltà.
Scattone infatti, al di là del merito del processo che suscitò non poche polemiche, è stato condannato ed ha scontato la sua pena.
Scattone oggi ha pagato il suo debito con la giustizia, giusto o ingiusto che sia, ed ha il diritto di rifarsi una vita. Una vita onesta, fatta di ciò che è capace di fare: l’insegnante.
Ed è la negazione di questo diritto che marca in tutta la sua evidenza la nostra inciviltà.
Un’inciviltà ancor maggiore visto che nel caso di Scattone non è emersa una pericolosità tale da non consentirgli di fare l’insegnante. Un’inciviltà quindi immotivata e fine a se stessa.
Ma non giriamoci intorno: oggi per molti, forse troppi italiani, quando una persona è condannata la sua vita è finita, anche se ha scontata la pena, anche se meriterebbe di esercitare il diritto a rifarsi una vita. Ergastoli inflitti, non da un Giudice, ma da noi.

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