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giovedì 22 dicembre 2011

Suicidio assistito: in Svizzera se ne discute, in Italia è (quasi) un tabù


Ogni persona deve poter decidere quale sia, per sé, un fine vita dignitoso". A dichiararlo Verena Diener, membro del Green Liberal Party Svizzero.

Già, perché in Svizzera, dove il suicidio assistito è legale, la politica e di conseguenza l’opinione pubblica ne discutono assiduamente con spirito costruttivo. 

Ci sono i favorevoli ed i contrari ma quello che fino ad adesso sta prevalendo è il diritto all’autodeterminazione di ogni essere umano.

La questione, come si legge sul sito dell’Aduc, è stata oggetto di una richiesta di due cantoni (Argovia e Basilea-Campagna) rivolta al Consiglio degli Stati (Camera alta o dei Cantoni), finalizzata ad inasprire le norme sul suicidio assistito. Richiesta bocciata. La posizione del Governo svizzero, condivisa dagli stati federali, è che può considerarsi plausibile che nella conduzione del suicidio assistito ci sia una zona grigia, però è difficile contrastarla per via legislativa.

A leggere le notizie che vengono dai nostri vicini si resta basiti, perché in quel paese, evidentemente, il dibattito sull’argomento è molto più avanti rispetto al nostro.

In Italia, dopo che Lucio Magri ha deciso di e quando morire, s’è scatenata una polemica sulla scelta del giornalista che ha finito per chiudersi in due giorni solamente per ribadire che decidere di morire è un conto ma farsi aiutare a compiere quel gesto è un altro. 

Così, dice ad esempio Travaglio, se il primo atto è personale, il secondo è comunque criminale e non ha senso parlare e sperare nella legittimità dello stesso.

Dal sito sul sito della Consulta di Bioetica è possibile leggere un interessante dibattito che s’è sviluppato sul tema, che vede tra i suoi protagonisti proprio il giornalista del “Il Fatto Quotidiano”.

E’ chiaro che finché in Italia esisterà il reato di omicidio del consenziente in margini d’azione saranno limitati. Certo è che non solamente per questo bisogna mettere da parte la problematica.

Fino alla fine della seconda guerra mondiale, in Italia, le donne non votavano: per ciò solo si poteva pensare che era inutile aprire un dibattito sul suffragio universale? 

Le questioni del suicidio e del suicidio rappresentano argomenti molto delicati, è banale dirlo, e tirano in ballo sensibilità, vissuti e moralità completamente differenti.

Imporne uno come giusto non è la soluzione. 

Se si ritiene, come penso sia giusto fare, che la piena libertà personale di pensiero e d’azione, nel rispetto dei diritti degli altri, debba essere la stella polare d’ogni decisione legislativa, allora anche in Italia non si può più sfuggire ad una discussione seria sul diritto d’ognuno di decidere della propria vita.

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